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Immagine del redattoreRamon Testa

Il Zhànzhuāng (La posizione in piedi)  站庄

di RamonTesta (© 2013) - Revisione caratteri cinesi e pīn'yīn di A. Carloni


La posizione in piedi per la fusione dei tre centri
La posizione in piedi per la fusione dei tre centri

Introduzione


Nel testo Zhìnéng qìgōng kēxué jīngyì 智能气功科学精义” (L’essenza della scienza del Zhìnéng Qìgōng) Pàng Míng enumera una serie lunghissima di tecniche di zhànzhuāng differenziate principalmente per la posizione dei piedi o delle braccia. Individuato lo scopo e le funzionalità, Pàng Míng inserisce Sānxīn bǐng zhànzhuāng (posizione statica in piedi per l'unione dei tre centri) nel percorso del Zhìnéng Qìgōng.


Questo esercizio di quiete jìnggōng forma con la “sequenza” il nocciolo degli insegnamenti del primo livello.


Oltre a rilassare la regione lombare, ha il compito di far penetrare in profondità il qì accumulato con gli altri esercizi del primo livello. L’esercizio ha come difficoltà principale il mantenimento della concentrazione e della consapevolezza all’interno di una postura precisa e dettagliata in cui ogni singola articolazione va posizionata e rilassata correttamente.


La durata varia notevolmente, ma è consigliato praticare per un minimo di trenta minuti.


Descrizione della posizione


Piedi uniti, corpo diritto. Rilassa le mani ai lati del corpo. Guarda diritto in avanti in fondo all'orizzonte. Raccogli lo sguardo e chiudi gli occhi lentamente. Rilassa tutto il corpo dalla testa ai piedi. La punta della lingua tocca naturalmente il palato superiore. Separa i piedi (questo passaggio si chiama “camminare sul qì”) senza staccare/alzare punta o talloni. I piedi formano una V rovesciata (i talloni sono più larghi della punta dei piedi).


Separa le mani e riuniscile davanti al petto. Le mani scendono fino all'ombelico e gradualmente i palmi si separano mantenendo la punta delle dita vicine (le dita si sfiorano). I palmi formano una “semi-sfera” attorno all'ombelico.


Baǐhuì sollevato verso l'alto. Huìyīn sollevato. Mento ritratto. Con le sopracciglia rilassate appare un sorriso sul volto (rilassamento del punto yìntáng). Rilassa il collo, le spalle e lascia un certo spazio sotto le ascelle. I gomiti puntano verso l'esterno. I polsi appoggiano sull'addome. Rilassa petto e schiena. Rilassa vita e bacino. Le ginocchia scendono di qualche centimetro (E' impossibile dare delle indicazioni generali sull'altezza della posizione. Una regola per poterla adattare al proprio caso è di scendere fino a provare una sensazione di “giusto sforzo”). Il bacino è in una posizione di retroversione. La pianta dei piedi riceve il peso del corpo uniformemente.



La fusione dei tre centri


Giunti a questa posizione viene richiesto al praticante di raccogliere il pensiero da ogni parte del corpo verso il dāntián: la sommità del capo verso il basso; il centro della pianta dei piedi verso l’alto e il centro dei palmi delle mani verso l’interno. Questi “tre centri” convergono nel dāntián.

In questo esercizio si presta molta attenzione al dāntián inferiore (l’area dell’ombelico). I principianti possono far convergere le visualizzazioni una ad una dalla sommità della testa, dal centro della pianta dei piedi e dal centro dei palmi delle mani nel dāntián. Dopo aver "fuso" il pensiero nel dāntián, ci si potrà abbandonare rimanendo nella posizione statica in modo rilassato e tranquillo. Nel momento in cui il pensiero si allontanerà, questo sarà riportato nuovamente nel dāntián.


Chiusura


Sollevare il corpo lentamente a partire da baǐhuì. Camminare di nuovo sul qì e riunire i piedi. I palmi si sovrappongono sull'ombelico. I palmi ruotano in senso anti-orario per nove volte, quindi ripetono le rotazioni in senso orario per altre nove volte. Durante la rotazione dei palmi la mente rimane nel dāntián (addome).

I palmi restano sull'ombelico a nutrire il qì del dāntián. Le mani tornano lungo i fianchi. Apri gli occhi lentamente.


Alcune considerazioni aggiuntive


Pàng Míng ha ideato questa postura a V rovesciata in cui i piedi puntano all'interno e i meridiani zú sān yīn nella parte interna della gambe si possono rilassare facilmente. In questo modo qì e sangue possono risalire e nutrire i cinque organi. Quando si inizia a praticare qìgōng, la lombare rappresenta ancora un passaggio cruciale. Non è ancora completamente rilassata e non ci si può ad esempio accovacciare fino ad avere un angolo retto fra gamba e coscia. Solo se si persiste nell'allenamento si potrà scoprire che con le gambe e le ginocchia verso l'interno, si ha la sensazione che i femori ruotino verso l'esterno. Con i piedi a V rovesciata e le ginocchia rilassate verso l'interno, inevitabilmente la testa dei femori ruoterà all'esterno. Questo a sua volta determinerà uno stiramento verso l'esterno di tutta l'articolazione dell'anca. Fino ad arrivare al passo successivo, in cui le due ali dell'osso sacro riceveranno uno stiramento.

L'articolazione del sacro è la giunzione fra l'osso sacro e i due lati del bacino. Questa è una parte del corpo che può compiere dei piccoli movimenti quando si è nella fase dell'infanzia, ma in seguito allo sviluppo, con la fine della sua crescita, perde ogni possibilità di movimento diventando una falsa articolazione. Giunti all'età adulta, solo le partorienti nel momento vicino all'espulsione sono in grado di rilassare questa parte ancora una volta. Questo è dovuto al campo di qì del feto e alla trazione esercitata dal feto. In senso stretto è ciò che Pàng Míng definisce con “rilassamento delle due ali, dell'articolazione del sacro”. Pàng Míng dice anche che una volta che questa articolazione si è aperta, il flusso di qì in alto e in basso diventa veramente “intero”, il coccige è in grado di comportarsi come il contrappeso di un orologio, come i movimenti totalmente rilassati del pendolo dell'orologio.

Quindi, qual è il modo con cui questa articolazione si può aprire?

Il modo migliore è la posizione eretta per la fusione dei tre centri. Con la punta dei piedi e le ginocchia leggermente verso l'interno, la testa dei femori ruota verso l'esterno provocando una trazione dei lati del sacro verso l'esterno. Da questa posizione aggiungiamo un pensiero di rilassamento della vita per distendere il sacro con il qì del dāntián. Con questo pensiero rimaniamo in piedi e il qì approderà a questa articolazione in modo estremamente abbondante fino al giorno in cui questa parte si aprirà.


L'attività della mente


E' indubbio che il zhànzhuāng, per le caratteristiche che lo contraddistinguono abbia delle affinità particolari con la meditazione. Anche se l'attenzione principale è rivolta a raccogliere il qì 气 del dāntián 丹田 inferiore da subito si capisce che l'esercizio richiede al praticante un confronto con la natura della propria mente.


La pratica del zhànzhuāng è come ritornare a casa per dare piena attenzione al nostro sé e prendercene cura.


Rimaniamo in posizione eretta con grande dignità e ritorniamo al nostro respiro. Portiamo piena attenzione a ciò che è in noi e a ciò che ci circonda. Lasciamo che si crei spazio nella nostra mente e che il nostro cuore diventi leggero e tranquillo.


La pratica del zhànzhuāng è di enorme beneficio. Ci accorgiamo che possiamo tranquillamente stare con ciò che è in noi dolore, rabbia, irritazione, o gioia, amore e pace. Stiamo con quello che c'è senza esserne trasportati via. Lo lasciamo venire, lo lasciamo rimanere e, poi, lo lasciamo andare. Non c'è alcun bisogno di scacciare, di reprimere o di fare finta che i nostri pensieri non ci siano. Osserviamo i pensieri e le immagini della nostra mente con occhio amorevole e con accettazione. Abbiamo la libertà di starcene fermi e calmi nonostante le tempeste che possono sorgere in noi.


Se durante la sessione di pratica una qualsiasi parte del corpo inizia a dolere, si può liberamente modificare dolcemente la posizione. Oppure si può continuare a seguire il respiro e, lentamente e con attenzione, cambiare posizione.


Quando pratichiamo il zhànzhuāng lo facciamo con semplicità, senza scopi e aspettative, senza nulla volere e pensare, persino senza l’idea di praticare, senza nulla volere e pensare. Il segreto e la difficoltà risiedono proprio in questa parola: semplicemente. Quando facciamo zhànzhuāng, infatti, abbandoniamo sapere e conoscenza ed entriamo nudi nella pratica del non-sapere. Entrare nella non-conoscenza ci permette di non avere scollamento tra noi e noi, di aderire a tutte le cose e non a una in particolare. La percezione cosciente non si rivolge più in modo unilaterale ed esclusivo verso il mondo oggettivo, esterno, ma converge verso il soggetto, ovvero noi stessi, la nostra interiorità. Si dischiude una realtà quasi sconosciuta, dimenticata. Subentra il silenzio, la non-mente ed emerge una condizione di calma, pace, non-pensiero, profondo rilassamento, assoluto silenzio.


Il presente articolo è tratto e adattato dai seguenti testi:

  • V. Marino - R. Testa, Manuale completo di Zhineng Qigong, Nuova Ipsa, Palermo, 2007

  • Thich Nhat Hanh, La scintilla del risveglio, Mondadori, Milano.



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